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La civiltà nuragica

Il nuraghe è la struttura che meglio identifica questa cultura. Si tratta di una torre tronco-conica a due piani, alta sino a 20m, che può essere più o meno articolata in base alla fase storica in cui è stata costruita. Di base per lo più circolare i nuraghi venivano costruiti con pietre mastodontiche poste una sull’altra, con un ingresso spesso stretto e con un architrave e con un tetto a cupola all’interno. Si conoscono sino ad 8000 nuraghi presenti sull’isola, una densità di un nuraghe ogni tre chilometri quadrati! Non si sa se servissero come abitazioni, luoghi di culto o fortezze ma capita spesso di trovare attorno ai nuraghi più imponenti le parti basali delle capanne di villaggi.
Il villaggio nuragico di Serra Orrios, tra i più grandi della Sardegna, è sito al centro dell’altopiano basaltico del Gollei. Scoperto negli anni’30 fu indagato dal grande archeologo Doro Levi tra il 1936 e il 1938. Si tratta di un abitato che non è posto direttamente sotto la “tutela” di un nuraghe (il più vicino dista, infatti, circa 500 m.); nel villaggio sembra prevalere infatti la finalità religiosa. L’agglomerato è costituito da circa un centinaio di capanne e da due templi a megaron con i loro “recinti” o temenos; nelle vicinanze si individuano anche due tombe di giganti.
L’abitato – per il quale si ipotizza un numero di 300 abitanti circa – si caratterizza per la struttura complessa – talvolta definita “proturbana”, che anticipa cioè gli impianti urbani veri e propri, con stradine, piazzette e pozzi o cisterne comunitarie per le esigenze quotidiane. Tutte le strutture sono realizzate con pietre basaltiche secondo la tecnica “a secco”, ossia senza malta cementizia. Al villaggio si accede da sud passando per un grande recinto ellittico (o temenos , il muro che delimita l’area sacra) – di m. 50 x 40 circa – che poteva ospitare i pellegrini convenuti ovvero le attività di mercato, le gare e i giochi durante le feste. A questo spazio, distanziato dalle capanne, si accede da un ingresso architravato preceduto da un vestibolo limitato da muri curvilinei; all’interno di questo recinto è situato il primo edificio sacro del villaggio, il megaron minore o tempietto doppiamente in antis. La struttura sacra, ridotta ai filari di base, ha una pianta rettangolare con prolungamento – sia anteriormente che posteriormente – dei muri lunghi laterali, che crea una sorta di vestibolo fornito di bancone-sedile. L’ingresso è orientato a est-sud-est; la camera conserva lungo le pareti un bancone-sedile ed al centro del pavimento un focolare. Nell’area interna al villaggio, al margine sud-est, un altro recinto rettangolare irregolare. racchiude il secondo tempietto, quello maggiore, anch’esso doppiamente in antis . Davanti all’ingresso del recinto un ampio spazio libero da capanne sembra formare una sorta di “via sacra”. Davanti al megaron è presente uno spazio con ingresso ad un piccolo vano semicircolare con pavimento ribassato scavato nella roccia naturale.
Il tempio è accessibile solo dopo aver superato un secondo ingresso ed una sorta di corridoio creato dalla parete sud del cortile, curvilinea, che avvolge il vano. Il megaron ha forma rettangolare, con ingresso architravato a sud-est. L’intera struttura è realizzata con filari regolari di massi basaltici. Le doppie ante che sul prospetto frontale delimitano un vestibolo, posteriormente creano uno spazio semicircolare (una sorta di abside). La camera presenta un pavimento lastricato ed è fornita di un bancone-sedile lungo le pareti come il vestibolo.
Nell’abitato la gran parte delle capanne ha forma circolare, ma si nota al contempo l’esistenza di gruppi di strutture dette “isolati a sviluppo centripeto”. Si tratta di unità abitativo-lavorative nelle quali gli ambienti si distribuiscono intorno ad uno spazio di disimpegno centrale. In queste planimetrie si associano le murature a linea curva (prevalenti) e quelle rettilinee per delimitare vani sussidiari o per raccordare tra loro i vani circolari. Non sempre è possibile stabilire se queste strutture “ad isolati” siano frutto dell’aggregazione spontanea protratta nel tempo ovvero di una progettazione unitaria realizzata in tempi relativamente brevi. Tra le capanne circolari spicca una struttura definita “capanna delle riunioni”: presenta l’ingresso rivolto a nord-est, fornito di soglia e preceduto da un vestibolo delimitato da muri ricurvi realizzati con blocchi posti verticalmente; nella camera – con sedile che corre lungo il perimetro – la muratura è costruita con grandi ortostati ai quali si sovrappongono filari di pietre appena sbozzate.
I dati di scavo – benché incompleti, soprattutto per quanto riguarda i tempietti – consentono di stabilire che l’area di Serra Orrios fu frequentata dalla fine del Bronzo antico; nel Bronzo Medio (1.600-1.400 a.C. circa) sorse il primo impianto del villaggio attualmente visibile che ebbe però lo sviluppo maggiore nel Bronzo Recente e Finale (1.600-1.400 a.C. circa) perdurando fino alla prima Età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.). I reperti rinvenuti (esposti al Museo Archeologico di Dorgali) documentano la varietà di attività svolte dai suoi abitanti che si dedicavano prevalentemente all’allevamento e all’agricoltura; la filatura e la tessitura sono documentate dal ritrovamento di pesi da telaio, fusaiole e rocchetti; la lavorazione dei metalli da matrici di fusione e pinze da fonditore e quella della ceramica dalla varietà dei contenitori e degli di utensili fittili.