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Tradizioni

Una peculiarità della Sardegna è che gli abitanti parlano una loro lingua: il sardo. Si tratta di una lingua neolatina, dotata di una propria grammatica, che presenta diverse varianti in base alle regioni geografiche. Questa lingua si è potuta tramandare per secoli grazie al grande attaccamento dei sardi per le proprie tradizioni. Tradizioni legate agli usi, ai costumi, alle proprie attività che per secoli sono rimaste sempre le stesse: la pastorizia e l’agricoltura. Legati alla terra e alla natura, il pagano e la religione cristiana spesso si intrecciano in feste antiche di arcaica memoria, la cui vista riporta alle atmosfere primitive e ancestrali in cui si sono generate. Si possono individuare due varianti principali della lingua sarda: campidanese e logudorese-nuorese. Dal 1997 la lingua sarda è lingua ufficiale della Sardegna, in regime di coufficialità con la lingua ufficiale dello Stato italiano.

Ballo e costume Sardo

Magari passate a Sassari per vedere la Cavalcata Sarda, oppure a Nuoro alla Festa del Redentore, dove gente vestita normalmente parla tra loro in sardo e al suono della musica balla… ovviamente il ballo sardo.

Sino a metà del secolo scorso gli abitanti di ogni paese avevano un proprio vestito che permetteva di distinguerli dagli abitanti degli altri paesi sardi. Si trattava di “uniformi” che non soltanto erano distinte per uomini e donne ma rispecchiavano anche lo stato sociale e i momenti di vita della comunità. Spesso per distinguersi bastava un berretto, uno scialle o un foulard posto sul capo in una certa maniera, altre volte erano gli sbuffi della camicia o dei semplici bottoni. Anche se oggi è meno diffuso, si possono in ogni caso osservare in più paesi gli anziani che ancora vestono questi costumi che altro non sono per loro che capi d’abbigliamento. Questa è la differenza che potrete cogliere qua in Sardegna, la vera differenza tra folklore e autentica tradizione!

I prodotti tipici della Sardegna

Tessitura, oreficeria, ceramica, metalli, legno, cuoio, pelle. Ma anche formaggi (pecorino sardo), dolci (seadas, tilicas, pabassinas ecc.), pane (muddizzosu, carasau, guttiau, spianate ecc.), olio, vino (cannonau, vermentino, carignano, moscato, malvasia ecc.). Nei dintorni di Cala Gonone è possibile visitare i laboratori artigiani di molte di queste attività.

Il pane carasau è consumato in molti modi. Secco, cioè al naturale (a trakeddu) accompagna gusti salati e gusti dolci in grande varietà. Uno dei modi più diffusi di consumo ha luogo con l’aspersione o una rapida immersione in acqua (pane infusthu ), passaggio che restituisce alla sottile sfoglia l’umidità e conseguentemente la morbidezza necessaria perché possa essere avvolta intorno a salumi affettati e formaggi o essere associata ad altro companatico. Anche bagnato, il pane carasau continua ad avere la caratteristica di assorbire i liquidi con cui entra in contatto. Questa caratteristica è sfruttata per usarlo sotto le pietanze succose, ad esempio carni rosse cotte al sangue, o comunque quei cibi che rilasciano oli o grassi (dalla carne di maiale, alla verdura). Per bagnarlo si deve far scorrere dell’acqua unicamente dalla parte interna e ruvida della sfoglia per poi far subito sgocciolare la stessa tenendola qualche istante in posizione verticale; se il pane risulta troppo bagnato viene considerato da un vero barbaricino alla stregua della pasta scotta per un napoletano. Le grosse briciole che residuano invariabilmente alla spezzatura delle sfoglie sono dette nell’insieme “farrutta, pistizzu o frikinadura , ed uno dei loro utilizzi tipici, che peraltro consente di non perdere gli avanzi, è nel caffelatte.